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WOMAN IN GOLD

” La gente vede un capolavoro di uno dei più grandi artisti austriaci, ma io vedo il ritratto di mia zia: una donna che mi parlava della bellezza e della vita”  

                                                                                                                    Maria Altmann

MARIA ALTMANN

 

Maria Altmann proveniva da una famiglia di ricchi imprenditori viennesi di origine ebraica, i Bloch-Bauer. Lo zio Ferdinand era un mecenate e collezionista d’arte mentre sua zia Adele era protettrice e musa di Klimt, al quale commissionò diversi quadri, fra cui due ritratti in cui posò.

Il loro salotto era frequentato da artisti e uomini di cultura fra cui i compositori Strauss, Mahler, Brahms e Schönberg, il nonno del giovane avvocato che aiutò Maria a riappropriarsi dei quadri.

Con l’avvento del Nazismo in Austria, lo zio Ferdinand cercò di scappare in Svizzera e di salvare il proprio patrimonio che venne però completamente confiscato, così come tutta la sua industria.

Con la scusa di alcune presunte tasse arretrate, la casa dei Bloch-Bauer venne saccheggiata di tutte le opere d’arte e poi venduta alle Ferrovie Austriache.

La loro collezione dei Grandi Maestri austriaci venne dispersa fra i collezionisti privati del Reich e le opere di Klimt vendute alla Galleria del Belvedere.

Da questo caso emblematico è stato tratto un film intitolato "Woman in Gold" diretto da Simon Curtis.

È risaputo che Hitler tentò invano di entrare all’Accademia delle Belle Arti di Vienna, dove però fu rifiutato. Dopo essersi dedicato alla politica ed essere diventato Führer, attuò diverse politiche in merito all’arte, di cui si considerava un conoscitore. Poichè riteneva l’arte moderna poco più che‘ spazzatura’ durante il Terzo Reich moltissime opere d’arte, appartenenti al cubismo, al futurismo e al dada, furono distrutte. L’arte classica e quella dei Grandi

Maestri fu invece elevata a arte del Reich.

Con la scusa di preservarle dai rischi della guerra, la Germania Nazista sequestrò le opere di musei e cittadini privati in tutti i Paesi invasi: molte di queste entrarono a far parte delle collezioni private di Hitler, Goering e Gobbels. I gerarchi nazisti non disdegnarono di commerciare anche opere moderne che occasionalmente riemergono tuttora dalle collezioni private di tutto il mondo.  

DURANTE LA SECONDA GUERRA MONDIALE

 

Nel biennio 1943-45 furono sempre loro, i tedeschi, a razziare i Paesi occupati, sottraendo indebitamente da musei e privati le opere d’arte più preziose. Furono quasi 500mila – secondo le stime ufficiali più recenti – i capolavori trafugati in tutta Europa dai nazisti. Oltre la metà, in Italia.

 

Da Michelangelo a Tiziano, da Raffaello a Canaletto: ecco alcuni dei più significativi capolavori sottratti al patrimonio artistico italiano durante la Seconda guerra mondiale e ancora da recuperare.

LA SITUAZIONE OGGI

 

 Più di 70 anni dopo la fine della Seconda Guerra Mondiale il governo tedesco è ancora in possesso di migliaia di opere d’arte, quasi sicuramente rubate dai nazisti in Germania e in tutta l’Europa, in grandissima parte a famiglie ebraiche. Come ha confermato il ministero delle Finanze tedesco a Bild Zeitung, sono esattamente 2.500 i capolavori non ancora restituiti ai legittimi proprietari che attualmente si trovano in musei statali, nei ministeri o nel deposito federale delle opere d’arte di Weissensee, a Berlino. Non è mai stato facile, per la verità, far tornare in patria i capolavori.

I russi, ad esempio, considerano le opere d'arte sequestrate in Germania come un risarcimento per i danni subiti dal paese durante la guerra. E poco importa se le casse sequestrate a Berlino contenevano oggetti di proprietà di altre nazioni o di ebrei trucidati dai nazisti. Fu un bottino gigantesco: in Germania l'armata rossa si impossessò di due milioni e mezzo di opere d'arte, tra cui anche il famoso tesoro di Priamo. 

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