top of page

Ricordare danzando: l'esperienza di Éva Fahidi 

Éva Fahidi ha 90 anni. Un’età ragguardevole, la sua, che non le impedisce però di salire con eleganza su un palcoscenico e danzare. La gioia e la libertà che Éva esprime in scena sono la sua vittoria su Auschwitz, dove fu deportata a 18 anni, nella tarda primavera del 1944, insieme ad altri 440mila ebrei ungheresi.

«All’inizio pensavo che non sarei riuscita a danzare, sentivo tutti i miei limiti», ha raccontato a France Press Éva dalla sua casa di Budapest, città dove ha debuttato con uno spettacolo, insieme alla ballerina Emese Cuhorka, di oltre mezzo secolo più giovane di lei. «Poi, ho iniziato a riscaldarmi ed è stato fantastico scoprire nuovi desideri dentro al mio vecchio corpo». L’anziana signora è restata sul palcoscenico più di un’ora e mezza, durante la quale ha danzato e dialogato con Cuhorka.

In una delle scene più toccanti, la ballerina Emese Cuhorka solleva Éva come fosse un neonato. E anche se lo spettacolo nasce con l’intento di far dialogare due generazioni diverse, e non è una riflessione sul tema della Shoah, la gente in sala si commuove. Éva per tutta la vita ha cercato di evitare di parlare di ciò che aveva vissuto nel campo di sterminio, dove ha perduto i genitori, la sorella e 49 parenti. Fino a quando nel 2003 ha visitato Auschwitz, 59 anni dopo esservi stata liberata. All’improvviso, l’urgenza di lasciare al mondo la sua testimonianza. «Prima che fosse troppo tardi» fermare il ricordo dell’ultima volta che vide sua madre e sua sorella sulla rampa di Birkenau. «Con un semplice gesto, Josef Mengele (il medico del campo) decideva della nostra vita e della nostra morte: a destra, il lavoro forzato; a sinistra, le camere a gas. Io fui separata dai miei e spinta a destra».

bottom of page